Il wagasa: l’ombrello giapponese

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Capita spesso di vedere i personaggi di anime e manga che utilizzano degli ombrelli diversi dai nostri, magari durante le feste tradizionali vestiti in kimono (abito tipico giapponese), cerimonie o d’estate per ripararsi dai raggi del sole. Mi sono sempre chiesta che tipo di ombrelli fossero, se anche tu ti sei posta la stessa domanda, ecco quello che ho scoperto.

Ombrello molto antico ed entrato a far parte della cultura giapponese, viene utilizzato per diversi scopi, oltre a quello di ripararsi dalla pioggia. Vorrei spiegarti meglio cos’è il wagasa e alla fine dell’articolo troverai una romantica curiosità!

Com’è fatto?

Saaya e Ono del manga Ayahatori Shoukanjou, si riparano con un wagasa
Saaya e Ono del manga Ayahatori Shoukanjou, si riparano con un wagasa

Elegante e finemente decorato, l’ombrello tradizionale giapponese, il wagasa, è costruito con bambù, corda e washi (carta giapponese). A causa dell’utilizzo della carta è un oggetto molto delicato, viene ricoperto con olio di lino per renderlo più resistente e impermeabile, una volta però che la carta s’ispessisce e diventa rigida l’ombrello va cambiato. Uno dei vantaggi del wagasa è che una volta bagnato l’acqua rimane all’interno, evitando così di bagnarsi. Alla fine del manico viene posto un laccetto in cuoio, per poterlo trasportare appeso al polso. Il meccanismo di apertura e chiusura è molto preciso, si può decidere se tenerlo completamente aperto o per due terzi. Il processo di costruzione di questi ombrelli è molto lungo, essendo interamente fatti a mano. La superficie di carta, una volta colorata, incollata e fatta asciugare, viene decorata sia con disegni dipinti a mano, che con cuciture. Spesso si trovano wagasa laccati di rosso, perché considerato un colore portafortuna e che tiene lontani gli spiriti maligni.

La storia del wagasa

La protagonista di Akatsuki no Yona, indossa un kimono abbinandolo al suo wagasa
La protagonista di Akatsuki no Yona, indossa un kimono abbinandolo al suo wagasa

Fino al 1500 era considerato un oggetto di lusso, chi non poteva permetterselo infatti, utilizzava cappelli di paglia e mantelli. Nel periodo Edo iniziò ad essere alla portata di tutti, così non fu più usato solamente per ripararsi dalla pioggia e dal sole, ma anche come elemento decorativo, abbinati ai kimono. Successivamente venne sostituito dai classici ombrelli, meno cari e più facili nella produzione. Tuttavia ancora oggi il wagasa viene creato da alcuni laboratori giapponesi, considerato un oggetto d’arte e da collezione, oltre ad essere molto utilizzato durante diversi eventi tradizionali, come la cerimonia del tè, il teatro kabuki (antica forma teatrale giapponese), i matrimoni, le danze giapponesi o i matsuri (feste tradizionali). Come per molti oggetti giapponesi, anche il wagasa possiede uno spirito, il Karkasa Obake, che al compimento di un secolo, secondo la leggenda, l’oggetto dovrebbe animarsi. Questo spirito è rappresentato con la forma di un ombrello chiuso, ha un occhio solo e la bocca aperta che fa la linguaccia, ed il manico finisce a formare un piede con indosso un geta (zoccolo di legno).

Un ombrello per due

 Il simbolo dell'ai ai gasa
Il simbolo dell’ai ai gasa

Nell’antico Giappone, i rituali di corteggiamento erano molto rigidi, una ragazza che non era fidanzata non poteva essere accompagnata da uomini che non fossero il padre o il fratello, quindi per un ragazzo frequentare la propria innamorata era molto difficile. Durante il tsuyu (periodo delle piogge) bisognava uscire con un kasa (ombrello), ma le ragazze lo dimenticavano apposta, così che il loro amato potesse raggiungerle e stare con loro per ripararle dalla pioggia, un gesto considerato di pura galanteria. Così, nella cultura giapponese, il simbolo ai ai gasa (condividere un ombrello), è diventato un emblema degli innamorati. È rappresentato dal disegno di un ombrello stilizzato, con in alto un cuore e i nomi degli innamorati ai due lati della linea che rappresenta il manico. Questo simbolo ha un significato simile alla nostra “freccia di cupido”.

Avevi mai sentito parlare dei wagasa? Non trovi che sia molto dolce la condivisione dell’ombrello come un simbolo d’amore?

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