L’Obon: la Festa delle Lanterne
Nella cultura giapponese, l’idea dei defunti è affrontata in maniera molto diversa da noi occidentali. Per loro non esistono Inferno e Paradiso, ma le anime degli antenati proteggono la loro famiglia terrena. L’Obon, cioè la Festa delle Lanterne, è una ricorrenza che serve proprio a ricordare questo legame e per ringraziare ogni anno i propri cari.
Tra le tante feste che si svolgono in Giappone durante il periodo estivo, c’è l’Urabon, ma che oggi viene abbreviato con il termine Obon o Bon. Si tratta della Festa delle Lanterne, un’antica celebrazione buddista, che viene dedicata ai defunti e si svolge tra il 13 e il 16 di agosto, mentre nella zona del Kanto, Tokyo e Yokohama, si festeggia a metà luglio. Ma vediamo insieme nel dettaglio di cosa si tratta.
Indice dei contenuti
Le origini dell’Obon
L’Obon, è una ricorrenza molto antica, risale al 657 d.C., per questo è stata influenzata da molti popoli, difatti il suo nome originale, Urabon, è una parola che si dice derivi dal termine indiano Ullambana, cioè “essere appeso o a testa in giù”, mentre in persiano sembra voglia dire “sta tra la vita e la morte”. Un antico racconto, che poi è diventato leggenda, parla di un monaco in grado di avere delle visioni, il suo nome era Mokuren.
In un assolato giorno d’agosto il monaco vide la sua giovane madre defunta, in preda ai morsi della fame. Angosciato da quella visione, chiese aiuto a Buddha, che gli disse di offrire in dono cibo e bevande per alleviare il dolore della defunta. Mokuren mise in pratica i consigli di Buddha e quando sognò di nuovo la madre era in pace, senza sofferenze. Per la felicità il monaco iniziò a ballare, una danza ora conosciuta con il nome di Bon Odori. Dopo quell’avvenimento fu fondata la ricorrenza della Festa delle Lanterne, quattro giorni dedicati ai propri cari defunti.
Come si svolge
Durante i primi due giorni si iniziano ad accendere alcune luci, delle fiaccole chiamate Kadobi, fili di canapa e lanterne, per indicare la strada da seguire ai defunti. Intanto in casa si fanno le pulizie per l’arrivo dell’ospite, preparando spaghetti e frutta da offrire al defunto, oltre ad accendere l’incenso.
Il terzo giorno i parenti del defunto vanno al cimitero per pregare per il loro caro e se stessi, tornando poi a casa per mangiare e offrendo del cibo negli altarini domestici, alleviando le sofferenze dei defunti, come il monaco fece con la madre. Riso crudo e verdure tagliate adagiate su foglie di loto, sono gli alimenti che vengono offerti al proprio caro, perché secondo la religione buddista al termine della vita terrena non si possono mangiare cibi di origine animale.
L’ultimo giorno si riaccendono fiaccole e lanterne per indicare la via del ritorno per l’aldilà ai propri antenati, i fiumi e il mare si riempiono di offerte e di luci, che galleggiano sulla superficie dell’acqua (toronagashi). In alcune parti del paese invece la lanterna accesa con su scritto il nome della famiglia, viene portata sia all’inizio che alla fine dell’Obon al tempio, rispettivamente per chiamare verso la propria dimora e per rimandare nell’aldilà i propri cari. Inoltre nei cortile delle scuole viene acceso un grosso fuoco, ed attorno ad esso si canta e si balla una famosa danza chiamata Bon Odori, il cielo viene illuminato dagli immancabili hanabi (fuochi d’artificio).
I partecipanti indossano kimono e yukata (vesti tradizionali) leggeri, mangiando anguria per rinfrescarsi dalla calura delle torridi estati del Sol Levante. I giapponesi approfittano di questa festa, non solo per ritrovare un legame con i loro antenati, ma anche con le loro famiglie. Tra i parenti vengono scambiate visite di cortesia (bonrei) e organizzati grandi rinfreschi, chiamati Ikibon, cioè l’Obon dei Vivi.
Una rappresentazione della festa dei morti molto diversa dalla nostra, non solo per come viene svolta, ma anche per il pensiero diverso che viene rivolto ai propri cari. Conoscevi già questa ricorrenza? Che effetto ti fa leggere il pensiero giapponese riguardo ai propri antenati?
0 Commenti